Mihajlovic “è tornato” e il Torino sembra rinato
Fonte: Elena Rossin
All’inizio da buon sergente di ferro Sinisa Mihajlovic utilizzando bastone e carota e parlando sempre in modo molto diretto aveva portato il Torino a essere tra le squadre rivelazione del campionato coltivando il progetto di conquistare un posto utile per l’Europa League. Poi le prime difficoltà e l’emergere di limiti strutturali di una rosa non ben costruita in estate con una difesa troppo ballerina e un centrocampo dove mancava quel tasso qualitativo e d’esperienza imprescindibile per aggiungere risultati di un certo livello e così il Torino poco alla volta è scivolato verso il centro classifica. Nel frattempo Belotti e Iago Falque continuavano a segnare, ma Ljajic tornava a essere quel giocatore discontinuo e ben poco incisivo che penalizza prima di tutto se stesso e di conseguenza inevitabilmente anche la squadra. Come corollario di tutto ciò i soliti ben pensanti prima indirettamente e in seguito sempre più in modo esplicito puntavano il dito contro il mister reo di essere troppo duro e di additare pubblicamente i suoi giocatori se non rendevano per quanto potevano, sia ben chiaro: per quanto potevano e non di più di quello che era nelle loro corde. E così il Torino finiva già a febbraio di lottare per l’Europa anche perché nel mercato di gennaio la società, a parte Iturbe per l’attacco, non si è neppure sognata di prendere almeno un difensore e un centrocampista di spessore tecnico e comprovate qualità.
Nei mesi il sergente di ferro Sinisa Mihajlovic era diventato un po’ meno di ferro e questo sicuramente non aiutava la squadra a togliersi dalle secche di un’involuzione che vanificava quanto di buono faceva in attacco con un gioco difensivo che non era all’altezza, soprattutto in trasferta dove mancava il carattere e, infatti, le prestazioni risultavano molto inferiori rispetto a quelle delle partite disputate in casa. In aggiunta infortuni, soprattutto in difesa e a centrocampo, limitavano ancora di più le scelte dell’allenatore. Sicuramente anche il mister, sempre fedele al suo credo di un gioco votato prima di tutto all’attacco per vincere, non pareva del tutto capace di smuovere le corde giuste di una squadra in difficoltà che aveva la necessità di ritrovarsi capace di sviluppare un gioco più equilibrato e di gestire le partite. Il terreno diventava quindi fertilissimo per malumori crescenti dentro e fuori lo spogliatoio e sembrava quasi impossibile che potessero esserci dei miglioramenti e non era assurdo ipotizzare che i problemi avrebbero potuto anche aumentare se qualcuno non avesse preso in mano la situazione con grande fermezza e determinazione.
A pensarci chi se non il sergente di ferro Sinisa Mihajlovic tornato a essere quello dell’inizio e non il suo clone edulcorato che faceva a pugni con la sua vera natura. E con l’Inter si è visto un altro Torino, anzi si è rivisto il Torino che a inizio campionato aveva fatto tornare ai tifosi la gioia di avere una squadra che incarnava lo spirito granata, qualche limite strutturale si è registrato contro i nerazzurri, ma in quanto strutturale è debellabile solo con un mercato estivo adeguato. Mihajlovic per primo si è addossato la colpa del mancato equilibrio della squadra, del diverso passo in casa e in trasferta e di una fase difensiva non all’altezza di quella offensiva, ma non ha creato alibi per i suoi giocatori.
Che la musica fosse cambiata lo si è capito nelle due conferenze stampa che hanno preceduto e seguito la partita con l’Inter. Infatti, Mihajlovic è tornato a parlare dimostrando che la grinta e la determinazione non erano fuggite da lui. La voce afona che precedeva il match con i nerazzurri era dovuta a rabbia e urla: “Sono arrabbiato con me stesso e con i miei giocatori, ultimamente ho urlato di più per questo ho la voce bassa”. E aveva le idee chiarissime su come voleva vedere in campo la sua squadra: “Voglio sempre vedere una squadra spavalda e che se la gioca, aggressiva, che crede in quello che fa e che se fa quello che sa può mettere in difficoltà chiunque. Fori casa non siamo così, abbassiamo il baricentro di dieci-quindici metri. Voglio una squadra aggressiva che gioca com’è stata preparata la partita, nient’altro”. Poi, dopo il convincete pareggio con l’Inter per la prestazione ancora più che per il risultato, Mihajlovic ritornava su colpe, chiarimenti con i giocatori e atteggiamenti da tenere in campo: “Per quello che è successo il primo responsabile sono io e mi prendo tutte le colpe, non ho problemi. Sappiamo quello che ci siamo detti in settimana e i ragazzi sanno che se giocano con questo spirito, intensità e carattere possono anche perdere, a me il risultato non interessa perché conta la prestazione, ma non mi piace come si è giocato in certe partite e adesso dobbiamo continuare a giocare con questo carattere anche fuori casa”. Aggiungendo: “Penso che soprattutto qualche cosa sia scattata in settimana per quello che ci siamo detti e in particolare perché sanno quello che li aspetta se non fanno ciò che devono”. E chiosando sulla possibilità che prendendosi lui le colpe i giocatori possano utilizzare questo come alibi sottraendosi dalle responsabilità: “No, non c’è questa possibilità. Non preoccupatevi per questo”. Sì, Mihajlovic è tornato! Vedremo cosa accadrà nelle ultime nove partite, ma Mihajlovic è tornato.