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Nicola, Juric o un altro allenatore: non è questa la vera questione per il Torino

di Elena Rossin
Fonte: Elena Rossin
Urbano Cairo

La salvezza, sofferta, è stata raggiunta e il Torino, chiusa domenica la pratica di questo campionato, dovrà affrontare il prossimo. Da tempo si parla di rifondazione ed è naturale dopo due stagioni caratterizzate da record negativi in sequenza e serissimo rischio di finire in Serie B. Una svolta è d’obbligo. La logica suggerisce che la prima decisione da prendersi sia scegliere se continuare con Davide Nicola oppure se cambiare allenatore e prendere Juric o un altro. Il presente e il passato, più recente e meno, invece suggerisce, anzi urla, che la vera questione non è l’allenatore, ma ben altro.

Il Torino infatti necessita di una programmazione ragionata alla quale facciano seguito con coerenza i fatti. Due sono le prime cose da farsi: decidere quale sia il budget di spesa per le prossime cinque stagioni suddividendolo anno per anno, sessione di mercato per sessione di mercato con un gruzzoletto accantonato per le emergenze o le variabili e poi fissare di conseguenza gli obiettivi, anch’essi ovviamente mirati a ogni singola stagione. Fatto questo è doveroso scegliere i dirigenti adeguati a portare avanti questo progetto. E tutto questo attiene solo ed esclusivamente al presidente Urbano Cairo. Poi il presidente con i massimi dirigenti devono individuare l’allenatore. Fatto questo il direttore sportivo e l’allenatore si assumono il compito di individuare e prendere i giocatori in modo da allestire la squadra adeguata al gioco del mister e ovviamente se non si dimostrano all’altezza devono essere immediatamente rimossi.

Se così non sarà fatto e al Torino continuerà l’andazzo attuale avere un allenatore o un altro non cambia pressoché nulla perché il malcapitato dovrà barcamenarsi con i problemi, uguali o un po’ minori oppure persino un po’ maggiori, che hanno avuto tutti quelli che ci sono stati prima di lui. E anche la rifondazione sarà solo una sorta di restyling ovviamente inadeguato e alla fine la “rivoluzione” si rivelerà mal riuscita perché al massimo nel giro di due anni sarà naufragata, com’è puntualmente accaduto finora.


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