Pasquale Bruno: "Sogno di rivedere un Toro vero, ultimamente manca"
Fonte: Alex Bembi per Torino Granata
Pasquale Bruno è sempre stato un duro sin da quando in campo rincorreva i garretti degli avversari e adesso che, appesi gli scarpini al chiodo, viene interpellato in qualità di addetto ai lavori non le manda certo a dire. Da lui ci si aspettava sempre la frase sincera, fuori dal coro, tanto che quando si presentava in conferenza stampa i giornalisti si fregavano le mani: “dai che oggi Pasquale ci dà il titolo”. In un mondo di risposte preconfezionate come il calcio, assistere ad un dibattito con Bruno è come godersi un grande incontro tra Barcellona e Real Madrid, dopo un’infornata devastante di scialbi 0 a 0 tra squadre di seconda categoria. Alla presentazione del libro del giornalista del Corriere della Sera Matteo Cruccu dal titolo "Ex - Storie di uomini dopo il calcio", tenutosi ieri presso il Circolo dei Lettori di Torino, è stato tempo di big match, con Pasquale Bruno protagonista del libro (insieme ad altri ex calciatori, non tra i più famosi) e mattatore della presentazione.
Tra aneddoti, risate, qualche frase sopra le righe e lettura di alcuni brani del libro, due ore sono volate e trovare delle domande per intervistare in esclusiva l’ex giocatore di Torino e Fiorentina non è stato semplice. Perché il collega Crucco nel suo libro ha sviscerato bene il personaggio Bruno e durante la presentazione si è parlato di tutti gli argomenti più stuzzicanti. In primis il famoso derby delle 8 giornate di squalifica rimediate da “O’Animale”, espulso dopo le sceneggiate di Casiraghi degne dei migliori attori di Hollywood. Per una volta, Bruno non aveva fatto nulla e il suo avversario (che lui giudica comunque tra i più corretti incontrati in carriera) decise che era il caso di ingannare l’arbitro. L’innocente Bruno si scatenò quella volta, fermato a stento dai colleghi e sotto la doccia fu raggiunto poco dopo dal compagno Policano, sempre espulso per scorrettezze ai danni del solito Casiraghi. I due granata si aspettavano di essere metaforicamente lapidati all’allenamento successivo, ma il sanguigno tifoso del Toro aveva apprezzato il gesto e al primo allenamento al Filadelfia fu tributata la standing ovation per i due “eroi col cartellino rosso”. Ma Pasquale non era solo l’incubo degli attaccanti e degli arbitri, quello da girarci a largo o da ammonire preventivamente, a seconda dei casi. Era anche quello delle lacrime nello spogliatoio dello stadio Olimpico di Roma, per una gara persa malamente dal suo Toro e del dolore nascosto sotto il getto della doccia, per mantenere l’aura da duro intatta. Oggi ricorda come il calcio di allora fosse molto diverso, soprattutto nei suoi protagonisti: dopo una gara si usciva con le famiglie, ma solo se era arrivato un successo. In caso di sconfitta tutti a casa a meditare, per non turbare i tifosi delusi. Altroché discoteche e serate da after hours.
Non disprezza la Juventus dove ha militato, ma si è innamorato della maglia granata tanto da dimenticare ogni altra esperienza, tranne quella in Scozia, terra che ama e che trova molto consona al suo carattere. “Potessi rifare tutto da capo, 5 anni di Toro e il resto della carriera in Scozia, dove sono stato da re”.
E allora, in esclusiva per TorinoGranata.it, gli abbiamo fatto qualche domanda, partendo proprio dal suo passato bianconero che non riesce nemmeno più a nominare, riferendosi alla Juventus come “quelli con l’altra maglia”.
Pasquale, ancora oggi dopo molti anni la tua grinta e il tuo carattere da Toro ti hanno permesso di arrivare e rimanere in cima alla classifica dei giocatori preferiti dai tifosi. Ti aspettavi cambiando sponda del Po di poter diventare una tale icona per i supporters granata?
“Sono sincero come sempre, si. Non solo me lo aspettavo, ne ero certo. Perché ho il sangue bollente nelle vene, come piace a loro”.
Gli addetti ai lavori sono un po’ divisi sul ciclo venturiano al Toro. Alcuni pensano sia folle rinunciare ad un tecnico che ha fatto bene a 360 gradi, non solo sotto l’aspetto dei risultati. Altri invece, in conseguenza soprattutto di questa annata scarna di soddisfazione e che era stata prospettata come quella dell’asticella alzata, credono che il tempo del tecnico ligure in Piemonte sia giunto al termine. Tu che ne pensi?
“Io non sono né pro né contro Ventura. Mi interessa solo rivedere un Toro vero, con la T maiuscola. Un Toro che può perdere, perché non siamo un Real Madrid o il Barcellona, ma un Toro che mi faccia entusiasmare quando lo vedo giocare, indipendentemente dal risultato”.
Sebbene sia conosciuto come mister Libidine, per la presunta capacita di galvanizzare tifosi e sportivi con le sue squadre, il gioco di Ventura a Torino non è sempre stato tra i più effervescenti. Tante, troppe conoscenze che imbrigliano i giocatori, la palla frulla come piace al mister, ma non nella direzione giusta e spesso finisce a transitare dalle parti del portiere sbagliato. Quando hai visto questo Toro vero di cui parli l’ultima volta?
“Beh in alcune occasioni quello spirito che mi piace lo abbiamo visto, per esempio nella notte del San Mames. Ultimamente ammetto un pochino meno, ma spero di vedere presto un bel Toro. Sono certo che i tifosi si augurano le stesse cose e domani, nella partita più importante saranno al fianco della squadra fino alla fine”.
La politica dei giovani che la società e il mister stanno portando avanti ti piace?
“Si, è una politica che potrebbe portare buoni frutti. Però i Belotti, i Baselli, sono dei buoni prospetti, ma devono crescere velocemente. Vorrei vederli diventare un punto di riferimento per il Toro del futuro, ma per ora nessun giocatore di questa squadra mi piace particolarmente. La stima dei tifosi va meritata”.
Domani non ti chiedo nemmeno per chi tiferai… che risultato ti aspetti?
“Il cuore dice sempre e solo Toro, la realtà è un po’ diversa. La ragione mi dice che loro sono molto forti e vengono da una sconfitta che li avrà caricati. Ripeto mi auguro di vedere un Toro vivo, poi se perdiamo si può accettare”.
Alex Bembi