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Più di un Torino con poco carattere forse è che manca di spirito di squadra

di Elena Rossin
Fonte: Elena Rossin

Da quando il Torino si è avviluppato su se stesso e ha iniziato a rendere al di sotto delle potenzialità e delle aspettative, quindi grossomodo dall’inizio di questo 2020 anche se le avvisaglie c’erano già state nel corso del girone d’andata dello scorso campionato, da più parti si è parlato di mancanza di carattere o di personalità dei giocatori. Può essere, ma se si va ben a vedere e si prendono singolarmente i calciatori granata non è questo che manca veramente. Infatti, parecchi di loro hanno grinta e la determinazione su tutti Belotti, Rincon e Sirigu, ma le possiedono anche altri come, ad esempio, Ansaldi o ai giovani Singo e Segre, che si stanno impegnando quotidianamente per emergere.

Ma allora che cosa manca e influisce negativamente sui risultati dei granata? Forse lo spirito di squadra. Vedendo le partite del Torino, infatti, si ha la sensazione che la maggior parte dei giocatori pensi a se stesso e si dimentichi che il calcio è gioco collettivo e che quindi inevitabilmente il bene del gruppo deve venire prima di tutto. Ognuno cerca di fare al meglio delle proprie capacità, ma questo può portare ad agire mettendo davanti a tutto l’io e di conseguenza sfociare in una sorta di egoismo: faccio bene perché così dimostro di essere migliore di altri. Questo però nel caso del Torino non porta alla somma del fare bene dei singoli che diventa il fare bene della squadra, anzi, al contrario porta a non raggiungere i risultati e così alla fine anche i singoli che danno il massimo ne risultano danneggiati.

La mancanza dello spirito di squadra affonda le radici nello scegliere i giocatori che, per motivi vari, devono rilanciarsi oppure emergere e che di conseguenza vedono il Torino come tappa per approdare poi ad altri lidi considerati migliori. Che poi quando i giocatori del Torino si trovano in realtà di livello più alto nella maggior parte dei casi non riescano a sfondare è un altro discorso, ma resta il fatto che manca, non in tutti per la verità, quel senso di appartenenza che magari viene esternato a parole senza però avere profonde radici che creano un legame vero e saldo. Gli allenatori di turno, più o meno bravi che siano, fanno quindi fatica a dare un gioco alla squadra proprio perché in generale i calciatori giocano per loro stessi. Per risolvere il problema deve intervenire la dirigenza e cambiare criterio nella scelta dei giocatori, altrimenti fino a quando prevarrà la speranza di fare plusvalenze difficilmente il Torino otterrà risultati soddisfacente e tanto meno duraturi. E gli ultimi anni ne sono un esempio lampante.


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