Questo Torino può non avere il tremendismo ma che almeno abbia rispetto per il granata
Fonte: Elena Rossin
Giovanni Arpino, scrittore, giornalista e poeta italiano (1927-1987), che utilizzò il termine “tremendismo” accostandolo al Torino in un’introduzione a una pubblicazione del 1972, “Torino ‘72”, lo definiva: “Parafrasando Petrolini, si potrebbe dire: “Tremendismo” è quella cosa che / divampa in stadi e piazze / piace tanto alla ragazze / perché è rossa e non va mai giù … Il vocabolo lo abbiamo importato dal gergo sportivo sudamericano, secondo il quale è il giocatore, è il club che magari non vince grappoli di trofei, ma costituisce osso durissimo per chiunque. Una squadra di orgoglio, di rabbie leali, di capacità aggressive, mai vinta, temibile in ogni occasione e soprattutto quando l’avversario è di rango. Un termine che da quando l’abbiamo adottato è riuscito a creare invidie di cui andiamo orgogliosissimi. Perché anche di neologismi si vive, non solo di pane e Coppe. Bisogna dire che dopo le pene del ’71, quando gli effetti “tremendistici” furono stenti e magri, la lezione granata del ’72 è stata all’altezza delle speranze, delle attese e anche del nominato aggettivo. Di domenica in domenica, con i gol fatti, sbagliati, annullati, il “tremendismo” degli Agroppi, dei Rampanti, dei Pulici, quello più astuto e classico di Bui, quello roccioso dei Zecchini e Cereser, ha costituito la nota di merito in campionato, la grande incognita nella corsa allo scudetto. Mentre declinava la grande tradizione milanese, Torino si imponeva con la grinta di uomini e aggressività di ben altro piglio. Il “tremendismo” ha così avuto la sua patente, ha messo in tavola (pardon: in campo, sull’erba arroventata da corse di bulloni) frutti abbondanti, creando premesse di futuro. Ormai si è aperto un varco nel linguaggio sportivo modernissimo, è una parola capita da tutti, usata al posto di frasi troppo lunghe e complicate. Può indicare anche solo un quarto d’ora, in una partita, ma in quel quarto d’ora scarica tutta la sua forza trascinante. Aspettiamo di poter ora aggiungervi un altro termine di stampo sudamericano: quello di << “fenomeno”, che i radiocronisti brasiliani e messicani urlano con sette od otto “o”. Quando al “tremendista” si somma il “fenomeno”, ogni traguardo è possibile. Alè”.
Senza chiedere all’attuale squadra che possa incarnare cotanto spirito e ardore e neppure che i giocatori assurgano a fenomeni si pretende che non inscenino in campo prestazioni come quelle viste con il Lecce, la Sampdoria, nel primo tempo con il Milan e poi ancora con il Parma e l’Udinese. Non è accettabile neppure tenendo conto della preparazione iniziata prima e finalizzata a giocare i preliminari d’Europa League per altro non superati, che più di un giocatore abbia avuto un estate anomala caratterizzata dallo smettere dopo per gli impegni con la propria Nazionale e il dover accelerare la preparazione per gli impegni incombenti di questa stagione oppure che ci sia stato il caso Nkoulou o infortuni di giocatori importanti come Falque e Ansaldi e neppure che Laxalt e Verdi siano arrivati a fine mercato o che Moretti abbia smesso di giocare.
I giocatori del Torino sono tutti professionisti e in quanto tali devono rendere quando lavorano non possono quindi approcciare alle partite senza la determinazione a fare sin dall’inizio bene concedendo un tempo agli avversari oppure avere tali cali di tensione da compromettere quanto hanno fatto fino a quel momento. A nessun lavoratore è concesso commettere errori gravi a ripetizione. In ambito lavorativo ognuno deve prendersi le proprie responsabilità e il capo, nello specifico, l’allenatore a fronte di un lavoro terminato male, partita persa o pareggiata quando era possibile vincerla, non può giustificare l’accaduto o assumendosene lui la responsabilità quando è da suddividerla con altri oppure provare a sottolineare alcuni aspetti che sono stato anche positivi, ma che non hanno portato a concludere bene quanto fatto.
Ora il Torino ha un trittico di partite in sette giorni con Cagliari, Lazio e Juventus nelle quali tutti saranno sotto esame e l’operato di ognuno sarà analizzato dettagliatamente e verrà soppesato in relazione ai risultati ottenuti. Si tireranno quindi le somme perché dopo undici giornate di campionato se una squadra che ha un potenziale non inferiore a più della metà delle altre della Serie A non è riuscita a sfruttarlo allora è doveroso correre ai ripari oppure rassegnarsi a una stagione senza risultati soddisfacenti. A questo Torino non si chiede il “tremendismo”, ma che almeno abbia rispetto per quello che rappresenta l’essere granata lo si pretende eccome.