Reagire per non restare provinciali: il futuro si costruisce ora
Fonte: Elena Rossin per TorinoGranata.it
Eseguire il compitino permette sicuramente di acciuffare la sufficienza, ma mantiene ben lontani dall’essere fra i primi della classe. Il Torino con quattro sconfitte nelle ultime cinque partite, soprattutto quelle con Bologna e Sampdoria, ha ridimensionato la stagione che da più che discreta è diventata sufficiente, poiché l’obiettivo era fare meglio dello scorso anno. I limiti sono venuti fuori e le motivazioni sembrano affievolite. Peccato che al termine del campionato manchino undici giornate e che se non s’inverte il trend alla fine il bilancio sarà in pareggio, salvezza certa, ma non ci sarà quell’utile che permette di affermare che la crescita c’è stata. Magari individualmente qualche giocatore avrà ottenuto una valorizzazione e quindi in caso di una sua cessione la società otterrà una plusvalenza, ma sul piano del gioco e delle prospettive future tutto sarà rimasto praticamente sullo stesso livello della scorsa stagione, quando era stato centrato l’obiettivo della permanenza in serie A.
Lasciando da parte torti arbitrali e infortuni che rischiano di diventare alibi troppo comodi, il Torino già da lunedì sera con il Napoli dovrà convincere sul piano dell’impegno e del gioco, soprattutto di quello relativo alla fase propositiva. Al termine della partita, qualunque sarà il risultato, non si dovrà sentire che la squadra è entrata molle in campo o che per un tempo si è lasciato troppo spazio all’avversario o ancora che si sono create tante occasioni e che è mancato solo il gol o la rete che poteva garantire il pareggio o la vittoria e neppure che si è tenuti i partenopei schiacciati a lungo nella propria metà campo impedendogli di avventurarsi dalle parti di Padelli, quest’ultima affermazione sarebbe doverosa solo in caso di vittoria.
E’ innegabile che il Napoli è superiore al Torino e i diciannove punti in più in classifica, i tredici gol in più segnati e i sei in meno subiti lo dimostrano chiaramente. Come è lampante che se da una parte la coppia d’attacco Cerci e Immobile ha segnato un gol in più di quella Higuain-Callejon, ventiquattro a ventitre, dall’altra gli altri giocatori partenopei hanno contribuito in maniera determinante a conquistare punti a suon di reti. Infatti, Hamsik, Mertens e Pandev ne hanno realizzati sei ciascuno e Dzemaili cinque per un totale di ventitre (prendendo in considerazione solo chi ha segnato di più), mentre i più “prolifici” fra i granata sono stati Farnerud e El Kaddouri con tre gol a testa per un bottino di sei. Il confronto evidenzia che il gioco del Torino è redditizio solo se Cerci e Immobile segnano altrimenti è scarso perché nel calcio, piaccia o no, la differenza la fanno i gol, tutto il resto è relativo e conta veramente solo se si concretizza con la palla che finisce nella rete avversaria.
Tutto questo dimostra - al di là delle chiacchiere di circostanza fatte da chi grazie alla parlantina vuole apparite più di ciò che vale complice anche chi le ascolta molto distrattamente e senza grande interesse per i contenuti o le accetta per tornaconto personale o quieto vivere – che il Torino deve sfoderare un atteggiamento propositivo votato alla ricerca del gol, senza ovviamente dimenticare la fase difensiva, ma non concentrandosi solo su quella per potersi crogiolare sull’effimero fatto che nonostante la sconfitta si è perso solo uno a zero, mentre altri con lo stesso avversario avevano terminato la gara con un passivo maggiore in termini di gol subiti. La sconfitta ai fini della classifica è sempre tale sia che si perda uno a zero sia che s’incassino dieci gol.