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Rolando Bianchi: "Tanta voglia di riprovarci all'estero. Ancora al Toro un giorno? Sì, ma mai da parassita"

di Claudio Colla

Rilasciata a La Stampa la prima, lunga intervista di Rolando Bianchi da novello ex-granata, ora anche formalmente. L'ex-capitano del Toro, ora 30enne centravanti in cerca di una nuova avventura calcistica da svincolato (con Bologna e Genoa principalmente intenzionate ad accaparrarselo), ha dichiarato: "L'ultima notte da granata è stata molto strana. L'ho trascorsa insieme a mio fratello (e agente, NdR) Riccardo. A mezzanotte mi ha detto che dovevo trovarmi un lavoro, gli ho risposto che ero diventato un esodato del calcio: abbiamo provato a buttarla sul ridere, per non rievocare la tristezza dovuta a come è andata a finire. Il silenzio della società ha fatto male, ma il calcio è questo, un po' malato. Non c'è alcuna riconoscenza, e non so se questo contesto faccia ancora per me. Io cerco passione pura, sentimenti, divertimento. Smettere? No, ma ho sempre più voglia di riprovarci all'estero, magari in Spagna o in Germania. L'esperienza al Manchester City mi aveva fatto sentire un perdente, avevo mollato dopo sei mesi. Ora però il mio bagaglio tecnico è migliorato, e sono diventato un uomo, rispetto al ragazzo che ero allora.

Il presidente Cairo? Non mi ha cercato, nemmeno ora, e mi dispiace molto. Lo ringrazio comunque, come ringrazio i compagni di squadra che ho avuto in granata, che mi hanno aiutato a entrare nella storia di questa società. Ho dato tutto per il Toro, e credo che anche Cairo un giorno lo capirà. Il tweet di ringraziamento? Una società super-tecnologica! Evidentemente 77 gol valgono un tweet.

Finire la carriera al Toro sarebbe stato il mio sogno, e per un periodo credevo potesse avverarsi. Poi è cambiato tutto. Il mio rapporto con Ventura? Preferisco non parlarne. Ma l'idea che non andassi bene per via delle caratteristiche tecniche è una scusa: a 28-29 anni mi pare un po' strano che un giocatore non sappia adattarsi a un modulo.

Gli allenatori del Toro che ricordo più volentieri? In ordine cronologico Camolese, Colantuono e Beretta. E cito anche Papadopulo, che è rimasto due settimane, ma ha capito più di altri (impossibile non riconoscere i riferimenti ai non menzionati De Biasi e Lerda, tecnici granata di recente lungo corso, NdR). Tra i direttori sportivi c'era grande stima reciproca con Foschi e Pederzoli: il primo più vulcanico, l'altro sempre gentile e disponibile. Tutti e due comunque contraddistinti da una grande lealtà.

Credo che il mio carattere, unito alla mia natura di bergamasco, da tutto o niente, mi abbiano aiutato poco in carriera. I miei genitori mi hanno cresciuto così, non sono proprio capace di fare il ruffiano. Magari in alcune circostanze avrei fatto meglio a essere più riflessivo, mi adatto poco alle situazioni in cui non mi trovo bene di mio.

Non ho ancora trovato una squadra perché faccio fatica a vedermi con un'altra maglia che non sia quella del Toro. Il legame che si è instaurato tra me e i colori granata è qualcosa di unico. Ogbonna? Mi spiace vada alla Juve, l'avrei visto bene al Milan. Angelo in ogni caso è un fratello, e merita grandi traguardi. La Confederations Cup non l'ho guardata perché lui non è stato convocato. Gli faccio un grande in bocca al lupo. Cerci nuova bandiera del Toro? Lo spero, dipenderà da lui. Alessio è un bravo ragazzo, e ha grandi margini di miglioramento. Non so a chi consegnerei i gradi di capitano, ma so che non la darei a un attaccante, perché nel momento in cui non segnasse il clima si farebbe pesante. Questa fascia è particolarmente pesante, l'ambiente è molto esigente, ed è difficile da portare. Glik? Avrebbe le caratteristiche giuste per essere capitano, ma non sarebbe il solo. Al Toro poi devono essere tutti capitani, capitani di se stessi.

Il mio più grande rimpianto è non essere riuscito a tagliare il traguardo dei cento gol. Se le cose non fossero andate come sono andate negli ultimi due anni, sarebbe stato un obiettivo concreto e raggiungibile. Il Toro non vince il derby da tanti anni semplicemente per via dell'enorme differenza in campo. È l'unica stracittadina con tanto gap tra le due squadre, al momento. Sì, l'ultimo giorno del mercato invernale del 2012 sarei potuto andare al Catania, ma sia io sia Cairo alla fine ci opponemmo all'operazione. Tornare al Toro un giorno? Sì, mi piacerebbe, magari sotto altre vesti. Ma non farò mai il parassita: tornerò solo nel caso le mie capacità fossero davvero utili a qualcosa".

 


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