Salvezza in vista: tra crescita di gioco e calciatori da valorizzare
Fonte: Elena Rossin per TorinoGranata.it
I ventuno punti accumulati in classifica nel girone d’andata e gli otto dell’inizio di quello di ritorno mettono il Torino nella condizione di avvicinarsi sempre più alla salvezza. Se a questo si aggiunge che ci sono otto lunghezze dal terzultimo posto e che c’è un cuscinetto di cinque squadre (Genoa, Cagliari, Sampdoria, Bologna e Atalanta) che rende ancor più sicura la distanza dagli ultimi tre posti, si può oggettivamente ritenere la squadra granata sufficientemente al riparo da pericoli sia nel breve sia nel lungo periodo.
I pessimisti diranno che la certezza matematica del restare in serie A non c’è ancora, ma se in ventitre partite il Torino ha conquistato ventotto punti perché mai nelle restanti quindici non dovrebbe farne dodici? In fin dei conti rispetto alla prima parte del campionato ha tre punti in più accumulati in quattro gare. Va bene che bisogna rifuggire i facili entusiasmi, ma non sarebbe giusto non tenere in considerazione le premesse che sono più che positive.
Sempre i più scettici si chiedono perché si indichi già da tempo, e si continui a farlo, la quota salvezza in quaranta punti? Da quando la vittoria vale tre punti (stagione 1994-1995) sia che il campionato fosse a diciotto squadre e con quattro retrocessioni sia a venti e con tre (dalla stagione 2004-2005) in serie B sono andate squadre che conquistavano meno di quaranta punti, tranne in due occasioni: nel campionato disputato nel 1994-1995 quando il Genoa retrocesse dopo lo spareggio con il Padova e le due formazioni in classifica avevano proprio quaranta punti; e in quello disputato nel 2004-2005 quando il Bologna con quarantadue punti per la classifica avulsa ebbe la peggio sulla Fiorentina e perse lo spareggio con il Parma. Ovviamente discorso differente per la Juventus che fu retrocessa per le vicende di calciopoli. Quindi è semplice prevedere che se su diciotto campionati in sedici chi ha raggiunto quota quaranta si è salvato quasi sicuramente accadrà anche quest’anno, visto poi che a quindici giornate dalla fine del torneo le ultime due hanno diciassette punti e la terzultima venti.
Con la salvezza quasi raggiunta si può concentrarsi anche sulla crescita della squadra dal punto di vista del gioco e quindi sulla valorizzazione dei giocatori. Il Torino ha il limite di riuscire a imporre il proprio gioco e a segnare quando affronta squadre che si chiudono in difesa, ultimo esempio la gara con la Sampdoria. Questo da una parte perché si sfruttano poco i calci da fermo e non c’è nessun giocatore che provi il tiro dalla distanza e dall’altra perché la manovra di avvicinamento all’area avversaria è spesso un po’ lenta e risulta quindi a tratti macchinosa, infatti non sempre nell’uno contro uno i giocatori granata hanno la meglio o se anche riescono a saltare l’avversario spesso accade che poi perdano palla, scontrandosi contro il muro eretto da chi li affronta pensando prima di tutto a spezzarne le trame di gioco. Provare a superare questo limite e riuscirci sarebbe un bel passo in avanti per la squadra non solo perché arriverebbe prima alla quota salvezza, trasformando qualche pareggio in vittoria, ma anche perché così si renderebbe più forte la squadra in prospettiva futura.
Nell’attuale rosa ci sono sia giocatori, alcuni più giovani altri un po’ più grandicelli, che sono alle prime esperienze in serie A, Darmian, D’Ambrosio, Di Cesare, Stevanovic, Basha, Menga, Bakic, Birsa, Diop, Jonathas e Kabasele, sia giocatori che, per motivi differenti, nelle ultime stagioni non hanno reso per quanto valgono, Rodriguez, Masiello, Caceres, Cerci, Brighi, Vives, Santana, Bianchi, Barreto e Meggiorini, riuscire a far emergere i primi e a dare continuità di rendimento ai secondi vorrebbe dire aumentare il tasso tecnico della squadra e anche il valore economico dei calciatori. Alcuni sono già decisamente avviati su questa buona strada, Darmian (anche se ultimamente è un po’ sparito dai radar complice anche il buon stato di forma di D’Ambrosio), D’Ambrosio, Rodriguez e Brighi. Altri viste le qualità in rapporto all’economia del gioco hanno quasi l’obbligo di disputare sempre partite che dimostrino come siano in grado di fare la differenza, Masiello, Cerci, Santana, Barreto e Meggiorini. Altri ancora devono emergere di più, magari anche riuscendo a convincere mister Ventura che sono comunque adatti al suo modulo, Di Cesare, Caceres, Basha, Vives, Birsa e Bianchi. I più giovani traducendo le potenzialità in certezze hanno l’opportunità di diventare calciatori in grado di calcare la massima serie, Menga, Bakic, Diop, Jonathas e Kabasele. E infine Stevanovic trovando in sé la determinazione che gli permetta finalmente di lasciare il bozzolo e librarsi nel mondo del calcio abbandonando lo status di promessa e diventando una realtà.
Se il raggiungimento della salvezza andrà di pari passo con il superare i limiti dell’attuale gioco e il valorizzare buona parte dei calciatori non solo il Torino avrà centrato in pieno l’obiettivo, ma sarà riuscito anche a convincere che può porre le basi per un futuro consono con il suo passato.