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Salvezza, mesta salvezza. Nello spirito e nelle sensazioni, è un Toro da B

di Claudio Colla

L'emblematica effigie di un Tomás Rincón - colonna, nel bene e nel male, di una squadra troppo spesso sgangherata - sfumato nei contorni, con lo Spezia esultante in una profondità di campo che evoca i drammatici pianosequenza di Michael Haneke, riporta a una nefasta consapevolezza: questo Toro, magari, si salverà anche, tra un possibile pari contro una Lazio appagata (almeno dal punto di vista degli obiettivi di classifica, con lo slot per la prossima Europa League già matematicamente ottenuto), e, ove così non fosse, uno scontro diretto al cardiopalma, dal quale basterebbe - si fa per dire - uscire non sconfitti dalle Streghe giallorosse. Nello spirito e nel sentire di tifosi e appassionati, tuttavia, dopo la tragicomica regressione palesata tra Milan e Spezia, questo non è un Toro da Serie A.

E pensare che, circa un mese fa, la doppietta di vittorie conseguite tra Udine e mura amiche contro la Roma, che aveva fatto immediato seguito a un derby in cui, finalmente, il Toro di Davide Nicola era riuscito a tener testa a una Juventus, ancorché scalcinata, sempre collocata su strati e strati al di sopra dell'attuale organico granata. Un trittico di gare che aveva indotto molti seguaci della causa torinista ad auspicare una conferma dell'ex-tecnico di Crotone, Genoa e Udinese alla guida della squadra, in vista della prossima stagione. Sentimento che ora, anche una volta sbollita la rabbia del doppio knockout, sarà ben arduo far riaffiorare. Persino di fronte a quella che sarebbe una brillante chiusura di stagione - prospettiva che appare improbabile, dato il morale a dir poco a terra che permea squadra, allenatore, dirigenza, ambiente, - e che comunque non garantirebbe a Nicola quel fatidico 1,5 nella casella della media-punti, limite numerico minimo da cui scaturirebbe il rinnovo automatico, oramai sfumato.

Come tra il gennaio e il febbraio del 2020, undici reti subite in due sole gare: due scioccanti 0-7 casalinghi, allora contro l'Atalanta, mercoledì scorso contro i succitati rossoneri, a ciascuno dei quali ha fatto seguito un poker esterno contro una diretta rivale per la salvezza, per di più neopromossa (Lecce allora, Spezia sabato). Quel dittico di miserie costò la panchina a un Walter Mazzari già in bilico; discorso analogo per Davide Nicola, che terminerà sì la stagione in sella al Toro, per ovvie ragioni di tempistiche, ma che saluterà, in ogni caso, dopo il fischio finale di domenica. Proprio contro quel Benevento che, ospitando il suo debutto da tecnico granata, lo scorso 22 gennaio, gli aveva garantito i prodromi di quella che, fino a sei giorni fa, appariva un'avventura tra l'accettabile e il virtuoso. E che a breve, purtroppo, lascerà un retrogusto a dir poco intriso di amarezza, sconforto, e sfiducia totale nel futuro di club e squadra.


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