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Torino, molto si capirà dalla durata del contratto del mister

di Elena Rossin

La scelta dell’allenatore è importante per capire che tipo di rifondazione vorrà fare Cairo, ma ancor di più sarà indicativa la durata del contratto. Fare un contratto per un anno, eventualmente con la possibilità di rinnovo in caso di serie A, non è un segnale del tutto positivo, perché non mette le basi per un progetto a media scadenza e lascia troppo spazio a far sorgere malumori nel caso durante la stagione, e quella di B è molto lunga, dovessero presentarsi momenti di difficoltà. Uno spazio che con facilità può essere penetrato ed allargato dalle divergenze di vedute e di opinioni che sempre esistono in qualsiasi luogo di lavoro.

Anche il successivo ingaggio dei giocatori risentirebbe psicologicamente del fatto che un allenatore abbia il contratto per un anno o per un tempo più lungo. Chi arriva in un nuovo ambiente e sa che vi è un progetto, seppur appena varato, che si fonda sulla reale volontà di essere portato avanti affronta la nuova avventura con maggiore impegno e determinazione. Al contrario se il progetto è tale solo a parole, ma i fatti portano a pensare che possa essere mutato o peggio ancor smantellato al primo girar del vento, allora il nuovo arrivato non può altro che sentirsi catapultato in una realtà precaria e di conseguenza è umano che alle prime difficoltà la fiducia venga meno e che subentri lo scoramento. Tutto ciò viene acuito se i calciatori che vengono ingaggiati non sono di proprietà, ma solo in prestito o tutt’al più in comproprietà. In questo caso il senso di precarietà la fa da padrone e solo in rarissimi casi, come nel recente passato è stato ampiamente dimostrato dai fatti, chi si trova in questa condizione ha la forza, la capacità e la determinazione di sfruttare il periodo per mettersi in luce ed aumentare il proprio valore con prestazioni al massimo livello.

In queste ore il nodo allenatore dovrà essere sciolto Ventura, Sannino, Ficcadenti o chi altro dovranno firmare per il Torino. Procrastinare ancora la decisione sarebbe un grave errore per molti motivi. Prima di tutto gli allenatori che devono accasarsi potrebbero prendere accordi con altre società più rapide nella scelta. In secondo luogo rimandare la decisione lancia un duplice segnale: da una parte non si è del tutto convinti delle persone prese in considerazione, di conseguenza una volta che poi la decisione venisse finalmente presa c’è il pericolo che chi è scelto si senta non totalmente apprezzato; dall’altra si dà l’impressione di non saper bene dove si voglia andare a parare e che progetto s’intenda varare, situazione in ogni caso deleteria per l’immagine che di sé si manda all’ambiente. Infine verrebbero sconfessate le ripetute affermazioni che c’è unità e totale fiducia tra il presidente Cairo e il direttore sportivo Petrachi, e quindi quest’ultimo verrebbe in parte delegittimato e incontrerebbe non poche difficoltà nelle operazioni di mercato. Quindi se c’è un progetto serio di rilancio del Torino deve essere varato, subito impostando un lavoro a medio termine con il proporre al nuovo allenatore un contratto biennale, magari con l’opzione per la terza stagione; con un inizio di questo tipo poi tutto il resto verrebbe di conseguenza e la strada sarebbe in discesa.