Toro, tre problemini ci sono. I "compiti a casa" per sabato
Non si può dire che questo inizio di stagione non sia una sorta di ottovolante emozionale, per chiunque ami il calcio a tinte granata. Dalle proverbiali mani tra i capelli di Ferragosto, con una squadra ancora manchevole di quasi metà dei suoi attuali titolari di riferimento, a un uno-due di sconfitte (contemplabili) a mercato ancora aperto, passando per una prima metà di settembre stratosferica, tra Salernitana e Sassuolo, per arrivare ai due pari consecutivi contro Lazio e Venezia, che gridano vendetta: non già contro avversari che hanno semplicemente sfruttato le solite disattenzioni difensive (con Koffi Djidji, spiace puntare il dito in direzione del singolo interprete, primo imputato sull'iconico banco d'accusa), ma rispetto a quanto vicini si sia andati a ottenerne quattro, di punti in più, alla fine di quei circa duecento minuti totali. Guardando complessivamente alle gare del mese di settembre, in ogni caso, si è (inevitabilmente) riscontrato qualche problemino, di quelli che potrebbero creare più di un grattacapo in vista della stracittadina.
1) LA DIFESA TENDE A CROLLARE A SINISTRA. Se Cristian Ansaldi, finora in assoluto - ancora una volta - tra i migliori granata in campo, ha fornito un impulso a tratti decisivo in fase offensiva, non si può dire altrettanto per la resa in copertura dell'out mancino granata. L'argentino, Aina, Rodriguez: spesso ciascuno dei giocatori menzionati si dimostra poco reattivo quando gli avversari partono (o ripartono), lasciando tanti, troppi spazi di manovra, facilitando così incursioni e cross dalla fascia in questione. Affidarsi sempre al capoccione di Bremer e ai recuperi di Mandragora non è sufficiente: comunicazione e rapidità d'esecuzione sulla catena sinistra, in fase di non possesso, richiedono una manutenzione accurata.
2) MARCATURE (A VOLTE) LASSE. Problematica che ormai si trascina da un paio d'anni abbondanti, passata ormai al quinto tecnico intento a risolverla (Davide Nicola, a dire il vero, ci era a tratti riuscito), risulta evidente come, negli ultimi venticinque metri e persino in territorio d'area, gli avanti avversari spesso sfuggano al controllo di centrali, semi-centrali difensivi, ed esterni. D'altra parte Rodriguez, ancora, non nasce calcisticamente per tallonare né per fare a sportellate (maggior efficacia, in tal senso, si è vista finora da parte di Buongiorno, magari meno rapido e più impreciso nel dettare il passaggio, di contro, rispetto all'elvetico), e, di nuovo, tutto è lasciato troppo nello strapotere difensivo del povero Bremer. Strapotere, sì, ma con dei comprensibili limiti.
3) NESSUNO DEVE "SPARIRE" IN AVANTI. Lo si è visto con particolare chiarezza lunedì sera, al Penzo: i portatori di fantasia e tecnica superiore lì davanti (Josip Brekalo tra tutti, e, nelle recenti uscite, Marko Pjaca) rischiano talora un surplus di responsabilità palla al piede, che li guidi verso una costante ricerca di soluzione personale, talvolta improbabile e impressionistica, ove manchi il supporto dei compagni di reparto. In troppi casi sia Toni Sanabria (che gode comunque di una finora meritatissima fiducia da parte di mister Juric, ed è atteso per nuovo exploit da "Eroe del Derby") sia, soprattutto, Karol Linetty, rischiano di restare avulsi dalla manovra, e dalla presenza al momento giusto e nel posto giusto quando scocca l'ora dell'ultimo passaggio. In tal senso, considerandone le caratteristiche tecniche e tattiche, arduo non pensare a quanto il rientro di Andrea Belotti potrà giovare, ben oltre la mera capacità realizzativa della squadra.