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Toro, un quinquennio di plusvalenze. E dal 2018 si spende sul serio

di Claudio Colla

Della gestione Cairo si possono dire tante cose, e, di certo, nel corso dell'ormai quasi quindicennio di proprietà dell'imprenditore milanese, la tifoseria granata, per lunghi tratti, non è stata tenera nei confronti del proprio patròn. Tacciandolo spesso, anche quando le cose andavano piuttosto bene, tra classifica e stabilità economico-societaria (aspetto che il calcio contemporaneo ha dimostrato sia tutto fuorché scontato, persino per le big storiche), di politiche al ribasso, di volontà più di far cassa che di costruire un Toro competitivo. E, se qualche acquisto nel corso anche solo dell'ultimo quinquennio può aver effettivamente lasciato a desiderare, in particolare tra gli arrivi dal Sud America (da Juan Sanchez Miño a Gastón Silva, da Josef Martinez, che comunque una piccola plusvalenza l'ha fruttata, a Lucas Boyé), la storia delle campagne acquisti condotte dal club granata dall'estate 2014 a oggi, a seguito dunque del massimo picco di prestigio finora toccato dal Toro di Cairo (settimo posto in Serie A, alla pari col Milan, e Ciro Immobile laureatosi capocannoniere del campionato), parla di giocatori valorizzati al massimo, tendenzialmente per un lasso di tempo intercorso tra le due e le tre stagioni, e poi ceduti per importi astronomici rispetto alle cifre inizialmente spese per portarli sotto la Mole. Tolto il caso di Tomás Rincón, che sotto la Mole, prima di arrivare al Toro, c'era già. E, facezie a parte, va sottolineato come molto spesso tali giocatori, forieri di grandi plusvalenze per le casse granata, siano altrove stati ben lontani dai livelli mostrati in maglia Toro: da Cerci a Darmian, che nel vortice del "calcio che conta" hanno perso il giro della Nazionale, passando per Bruno Peres e, per ora, Antonio Barreca. Tradottisi in plusvalenze quasi complete, rispetto alle cifre incassate alla loro partenza, le cessioni di Nikola Maksimovic (un totale di 25 milioni di euro versati dal Napoli, tra 2016 e 2017, a fronte dei 3 e mezzo spesi tre anni prima, nel controverso passaggio Stella Rossa-Apollon Limassol-Toro), del succitato Matteo Darmian (18 milioni dallo United, nell'estate 2015, a fronte di meno di due milioni e mezzo versati al Palermo cinque anni prima), un altro tesoretto clamoroso è quello che il club granata ha scoperchiato l'ultimo giorno di agosto del 2017, quando ha ceduto Davide Zappacosta al Chelsea: 25 milioni di euro incassati dai Blues, il terzino destro ora 27enne era stato acquistato poco più di due anni prima, per meno di 4 milioni e mezzo, dall'Atalanta. Quasi 23 milioni di plusvalenza risultante, non male per un giocatore che fino a tre anni prima non aveva ancora nemmeno esordito in Serie A, e, una volta approdato in granata, aveva bucato alla grande la prima stagione. Undici milioni di euro sull'unghia, divenuti 15 con i bonus, ancora nell'estate 2016, per un grande capitano contemporaneo come Kamil Glik, comprato cinque anni prima, all'inizio della gestione Ventura e con la squadra ancora in Serie B, dal Palermo, per pochi spiccioli, per diventare poi una colonna di quel Monaco che, anno 2016/17, interruppe lo strapotere del Paris Saint-Germain nel campionato francese. Guidato da nomi altisonanti come Mbappé, Bernardo Silva, Fabinho, e dallo stesso Glik, vincitore della Ligue 1 alla prima esperienza in terra transalpina. E persino da un esperimento indiscutibilmente fallito come quello legato M'Baye Niang, il Toro ha saputo trarre un seppur piccolo guadagno: 14 milioni di euro spesi tra prestito oneroso e riscatto dal Milan (fonte Transfermarkt.de), di uno in più la spesa del Rennes per riscattarlo a propria volta dal club granata, lo scorso 29 maggio. Da segnalare, ancora, i casi di Bruno Peres, acquistato dal Santos per circa 2 milioni di euro, nell'estate 2014, e ceduto alla Roma, due anni dopo, per un totale di 13 milioni e mezzo (la maggior parte dei quali versati nelle casse granata nel giugno 2017); di Antonio Barreca, prodotto del vivaio, controriscattato dal Cagliari nell'estate 2016 per appena 300 mila euro, e ceduto circa un anno fa al Monaco per 10 milioni (in quello che di fatto si è tradotto in uno scambio alla pari che ha portato nel capoluogo piemontese Soualiho Meité, a bilancio per la medesima cifra); di Marco Benassi, per cui il Toro, tra estate 2014 e 2015, ha speso meno di 5 milioni (prestito oneroso e riscatto della comproprietà, soluzione allora consentita, dall'Inter), per poi cederlo alla Fiorentina, due anni or sono, per 12 milioni, e una plusvalenza risultante intorno ai 9. Senza dimenticare, all'origine del lustro preso in considerazione, le tanto criticate cessioni di Ciro Immobile (in foto, insieme a Matteo Darmian), preso per poco più di 10 milioni e mezzo, nel complesso, da Genoa e Juventus, che ne detenevano il cartellino ognuna al 50%, e venduto per quasi il doppio, un anno dopo, al Borussia Dortmund, e di Alessio Cerci, arrivato da Firenze in terra sabauda nell'estate 2012, per meno di 7 milioni di euro, e ceduto all'Atletico Madrid, due anni dopo, dopo quel biennio che resta indubitabilmente, a oggi, il più brillante della sua carriera, per 15 milioni. Una storia di successi finanziari, che magari può apparire algida, arida, scollegata dalle emozioni suscitate dall'erba e dalla polvere sollevate sul terreno di gioco. Ma, va sottolineato, una storia a lieto fine, ancorché parziale e in fieri, che ha consentito al Toro, dalla scorsa estate, di invertire la tendenza: i 9 milioni versati nelle casse del Genoa per Armando Izzo, i 4 che hanno permesso di riscattare Nicolas N'Koulou dal Lione, i 9 totali pagati ai cugini bianconeri per un impagabile leader in campo come Tomás Rincón, i 10 che a breve saranno recapitati al Chelsea per Ola Aina, si sono potuti spendere con relativa tranquillità grazie al tesoretto accumulato negli anni, fornendo alla squadra un'ossatura fatta per durare. A patto che si conseguano gli obiettivi prefissati. E anche quella ventina di milioni spesa per nomi che finora non hanno dato i risultati in campo sperati, come Zaza e Bremer, potranno essere compensati da future plusvalenze, che potrebbero assumere proporzioni clamorose. Due tra tutte, quelle che proverranno da Belotti (preso per 7 milioni e mezzo di euro dal Palermo, nell'estate 2015) e Baselli (6 milioni dall'Atalanta, stesso anno). Ma non quest'anno, in particolare per quanto riguarda Capitan Gallo. Che magari, se l'anno prossimo fosse quello della consacrazione definitiva per questo gruppo, e della conquista di un piazzamento europeo, sei anni dopo l'ultima volta, potrebbe persino decidere di legare il grosso della propria carriera ai colori granata. Tanti numeri, che, in ogni caso, tenuto conto di ciò a cui portano, appaiono meno sterili e privi di significato emozional-sportivo.


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