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Tra indifferenza e rabbia che fine farà il Toro?

di Elena Rossin

La delusione per anni di mancati successi sportivi ha portato la maggior parte dei tifosi del Toro ad allontanarsi progressivamente dalla squadra e dalla società, pochi sono rimasti quelli che lo sconforto porta allo stadio o al campo di allenamento, ma ormai solo più per contestare giocatori e dirigenza. In due cose sole si riconoscono tutti i tifosi: la maglia granata e il Filadelfia. L’una non onorevolmente indossata dai giocatori e svilita da una proprietà capace solo di dilapidarne il valore storico, l’altro ridotto a pochi ruderi e da troppi anni in attesa di essere ricostruito.

Se un bambino o uno straniero chiedesse che cos’è il Toro non si potrebbe far altro che rispondere: una società di calcio che milita stazionando a metà classifica nel secondo campionato, per ordine d’importanza, ma dal glorioso passato, tanto glorioso da arrivare a formare per dieci undicesimi la Nazionale. Una società che non possiede nessun valore immobiliare, né sede sociale, né centro sportivo, né campo d’allenamento e neppure uno stadio. Una società che ha pochissimi giocatori di proprietà, solo tredici su ventisei che compongono la rosa della prima squadra, e fra questi la maggior parte con un valore di mercato molto basso. Una società che ha un settore giovanile che si regge sulla buona volontà, la dedizione e l’impegno di dirigenti e allenatori e che nonostante gli investimenti quasi nulli riesce ad ottenere risultati molto al di sopra delle aspettative; anche in questo caso dal passato glorioso con successi a ripetizione e formazione di calciatori di alto livello.

I tifosi ormai si sentono come i naufraghi su una barca alla deriva sballottata fra le onde, non riescono più a vedere la terra ferma. L’illusione che prima o poi arrivi qualcuno che possa invertire la rotta è ormai ridotta al lumicino, i più sono rassegnati a un lento declino che poco alla volta porterà questo club ad una dimensione fra il provinciale e il cittadino. Troppe volte sono giunti personaggi che all’inizio si dichiaravano tifosi del Toro e che promettevano il repentino ritorno ai fasti di un tempo, ma che puntualmente, dopo poco tempo, si rivelavano “banfoni” e per nulla degni di essere alla testa della società granata. Pertanto alla domanda iniziale che fine farà il Toro? Quasi non si ha il coraggio e la forza di rispondere, per paura che una volta emesso il fiato e pronunciate le parole la terribile paura diventi realtà, un po’ come avviene per certe malattie non si pronuncia il nome e per definirle si usano giri di parole: un male incurabile e non cancro che evoca la parola morte. Ma anche il cancro, grazie ai progressi della scienza se preso in tempo e ben curato, non si trasforma più in morte, quindi se c’è un medico capace accorra subito al capezzale del Toro e lo salvi, prima che sia troppo tardi.
 


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