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Tra la voglia di tornare in Europa e un inizio altalenante: Toro ma chi vuoi essere?

di Elena Rossin
Fonte: Elena Rossin
Belotti, Berenguer e Mazzarri

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare proverbio più azzeccato per il Torino non ci potrebbe essere. Infatti, da una parte dopo la cocente delusione per non aver superato i preliminari d’Europa League il Torino vorrebbe a fine stagione ottenere un posto utile per poter disputare le competizioni internazionali e dall’altra c’è un inizio di campionato stentoreo con dieci punti dopo sette partite frutto di tre vittorie, un pareggio e tre sconfitte e dieci gol fatti e altrettanti subiti con conseguente nono posto. Numeri che non sono in linea con le ambizioni. Non tanto paradossalmente per la classifica perché basta darle un’occhiata e si vede che la squadra di Mazzarri è a un passo dalle posizioni utili all’obiettivo: ha un punto in meno di Lazio, Cagliari e Fiorentina, è a due lunghezze dalla Roma che è quinta e tre dal Napoli che è quarto. Piuttosto perché il gioco non ha ancora ingranato e per questo segna relativamente poco e incassa qualche gol di troppo, ma più ancora per l’atteggiamento incostante che ha finora sfoderato in campo con approcci sbagliati anche quando ha poi finito per vincere come con il Milan nel primo tempo, che è stato una vera pena, oppure ha cali di concentrazione che portano a subire gol evitabili. Perdere poi con il Lecce, neopromosso, con la Sampdoria, che era ultima in classifica, e con il Parma, squadra alla portata, è inequivocabile indice di mancanza di maturità. Tutti difetti che già si erano visti negli ultimi anni che affiorano come un fiume carsico anziché prosciugarsi.

Attenuanti se ne possono trovare e obiettivamente c’è ne sono. Nazionali che si sono accorciati le vacanze e fatto una preparazione affrettata per mettersi a disposizione per i preliminari d’Europa League, gli infortuni di Lyanco, Falque e Ansaldi, il caso Nkoulou, qualche errore arbitrale. Ma ci sono anche gli arrivi tardivi di Laxalt il trentuno agosto e ancor più quello di Verdi il due settembre e il non aver preso un centrocampista di qualità. Quel che è fatto, è fatto ormai, ma d’ora in avanti va cambiata un po’ la rotta e gli approcci molli alle partite come i cali di concentrazione vanno superati e se ci sono giocatori che non debellano questi difetti vanno mandati via e sostituiti con altri che non li abbiano. Il gioco poi deve sfruttare appieno le caratteristiche di giocatori come Belotti, Falque e Verdi e anche Zaza: gli attaccanti si preoccupino di segnare, una tantum una mano in fase di copertura possono darla, ma la fase difensiva deve essere compito di centrocampisti e difensori. Gli attaccanti dal canto loro devono saper tenere alta la squadra, ma hanno anche bisogno di essere riforniti adeguatamente. Insomma, tutte cose negli anni dette e ridette.

Miglioramenti, per carità, se ne sono visti, ma non abbastanza. E allora sorge spontanea una domanda: Toro ma chi vuoi essere? Una squadra sempre sul punto di poter fare il salto di qualità, ma che non lo fa mai oppure una squadra che si pone degli obiettivi e li raggiunge. Sia ben chiaro, al Torino non si chiede di arrivare in Champions, ma di accedere senza passare dai preliminari all’Europa League, quindi, o di vincere la Coppa Italia, strada più difficile, oppure di arrivare quinto in campionato. Giusto a fagiolo arriva la prossima partita: avversario l’Udinese che è squadra alla portata. I friulani sono quattordicesimi, hanno sette punti, di gol ne hanno fatti tre e subiti sei. Finora hanno vinto con Milan e Bologna, pareggiato con il Verona e perso con Parma, Inter, Brescia e Fiorentina. Una squadra che vuole andare in Europa dalla trasferta a Udine, con tutto il rispetto per i friulani, deve tornare con i tre punti.


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