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Un azzurro senza Toro. Ma c'è un granata che al Mondiale può puntare

di Claudio Colla

Con Andrea Belotti ancora ai box, e Salvatore Sirigu ormai intento a lottare per un altro vessillo, quella che si appresta ad affrontare la breve ma intensa Nations League, imminente e foriera di test già finalizzati a quello che sarà l'assetto principale della squadra in Qatar, è una compagine azzurra priva di tinte granata, dopo più di un anno in cui almeno uno tra i suddetti Belotti e Sirigu è stato parte del gruppo. Con il Gallo naturalmente ancora in sella - pur non senza gli zoomer emergenti come Raspadori, Kean, e, col tempo, magari, anche Pellegri, per quanto finora Pioli lo abbia impiegato col contagocce, - come principale alternativa a un Ciro Immobile che in Nazionale fatica a riproporre l'efficacia realizzativa di cui è artefice in maglia Lazio, la presenza di almeno un giocatore granata in vista della spedizione della prossima estate, al momento, non è affatto scontata.

Tra le file del rinnovato Toro di Ivan Juric, d'altra parte, non mancano gli italiani in notevole trend di crescita. Tra i granata che, in passato, l'azzurro l'hanno soltanto sfiorato (Baselli), l'hanno assaporato brevemente, per poi perderlo a stretto giro di posta (Izzo, Verdi), e hanno invece contribuito a scriverne un piccolo pezzo di storia (Zaza), in rampa di lancio, ancora un po' lontana, vi sono Alessandro Buongiorno e Tommaso Pobega. Terminato il loro percorso con l'Under-21, i due classe '99, ancorché ancora acerbi per un lancio immediato, hanno le carte in regola per poter divenire, in tempi non biblici, elementi di spicco della scena calcistica nostrana. Colui che però può autenticamente puntare al proverbiale posto al sole, col Mondiale nel mirino, è Rolando Mandragora.

Da un anno e mezzo abbondante in maglia Toro, l'ex-Udinese, ancora di proprietà della Juventus, è cresciuto notevolmente, tra la gestione affidata a Davide Nicola - che già lo aveva proficuamente allenato a Crotone - e la tumultuoso ma stimolante prima parte dell'era Juric: tra i leader in campo e nello spogliatoio, al centrocampista centrale classe '97 non manca la capacità di assumersi responsabilità in campo, di guidare la manovra nella doppia funzione di diga e faro, senza remore né timori reverenziali di sorta. Certo, la mediana varata da Roberto Mancini è stata probabilmente il vero e proprio fiore all'occhiello dell'Italia iridata del Vecchio Mondo (insieme ai miracoli di Gigio Donnarumma), e la presenza di nomi come Barella, Verratti, Jorginho, Locatelli, Pellegrini, è al momento indiscutibile. Gli anelli - non ce ne vogliano - relativamente deboli, sui quali Rolly Parte Seconda potrebbe fare la proverbiale corsa per agguantare un posto in squadra, sono Giacomo Castrovilli, Bryan Cristante, e Matteo Pessina: giocatori, soprattutto quest'ultimo, dalle caratteristiche decisamente differenti da quelle di Mandragora, il quale tuttavia ha piedi sufficientemente educati per potersi candidare a valida alternativa da tuttocampista col vizietto dell'ultimo passaggio e della conclusione a rete. Impresa ardua, ma non del tutto irrealistica; missione che può illuminare d'immenso Mandragora stesso, consentendogli di andare oltre i propri attuali (e decisamente superabili) limiti, enfatizzando le sue caratteristiche al punto di renderlo un'eccellenza del pallone del Belpaese.