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Un Torino “sgranatizzato” può andare solo incontro a una inesorabile morte

di Elena Rossin
Fonte: Elena Rossin

Dei 114 anni di storia gli ultimi decenni sono stati un acido che sta corrodendo dall’interno il Torino sgretolandolo e provocando una lenta agonia che inevitabilmente lo condurrà alla morte se non ci sarà una cura ad evitare il peggio. Cura assolutamente ancora possibile, ma che deve iniziare al più presto, per non dire subito.

La contestazione di ieri al Filadelfia contro società e squadra dovrebbe smuovere il presidente Cairo a cambiare rotta o a cedere la società a qualcun altro che voglia occuparsene in modo diverso. La questione è: c’è qualcun altro che ha possibilità economiche discrete e la voglia di acquisire il Torino per ridargli quella dignità che gli compete per la storia che ha avuto?
La crisi che si è innestata nell’ultimo anno e solo un fiume carsico che è riemerso, come avviene ogni tanto negli ultimi anni. Infatti, tra un periodo nero ed un alto c’è qualche stagione decente, ma proprio il ripetersi di campionati negativi, con salvezze agguantate all’ultimo o peggio retrocessioni, dimostrano che i problemi non sono stati veramente risolti.

Il Torino è una realtà nel panorama calcistico italiano particolare, forse unica nel suo genere, perché ha valori che hanno imperniato tutto riuscendo a sopperire a budget che sempre sono stati inferiori a quelli di altre società di calcio e se vengono a mancare i valori la crisi è inevitabile. Tanto più adesso che il calcio è diventato business e persino l’immissione di tanti, ma proprio tanti soldi non dà la garanzia di raggiungere i successi sportivi sperati come dimostrano la Juventus che non riesce a vincere la Champions dal 1996, l’Inter che non vince scudetto e Champions dal 2010, il Milan che non vince uno scudetto dal 2011 e la Champions dal 2007, la Roma che non vince lo scudetto dal 2001 e il Napoli che non vince uno scudetto dal 1990.
Progressivamente, e soprattutto da quando è presidente Cairo, il Torino è stato spogliato della sua essenza granata probabilmente nel tentativo di farlo diventare un club al passo con i tempi che bollano come sentimentalismo i valori che ne hanno costituito il fondamento. Il risultato è stato quello di non crescere sul piano sportivo ottenendo solo alcune  plusvalenze e di distruggerne l’anima. Avere dirigenti, allenatori e giocatori che non sono tifosi del Torino non è di per sé il problema, ma lo è se non ne condividono e rispettano i valori perché per quanto siano professionisti seri non ci metteranno anche l’anima, che fa la differenza soprattutto nei momenti difficili. L’aver anche provocato la disunione fra i tifosi ha innescato un disamoramento di molti e perdere i tifosi, che oltretutto sono i clienti, poco alla volta porterà alla fine.
“Sgranatizzare” il Torino è il più grande errore che si possa commettere, sempre che l’intento ultimo non sia, per qualche ragione, quello di far morire il Toro.


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