Ventura: "Livorno un crocevia delicato"
Giampiero Ventura dai suoi uomini si aspetta delle risposte sul campo con il Livorno. “Domani pomeriggio - dice l’allenatore del Torino – a fine partita sarò contento: se la squadra dimostrerà di aver capito il momento, se avrà fatto un passo avanti nella crescita, se ci saranno risposte individuali tradotte in voglia, rabbia e desiderio di voler concretizzare il buon lavoro fatto in questi mesi. La partita con il Livorno ha un’importanza straordinaria perché affronteremo una formazione che ha un ottimo allenatore e giocatori di qualità come Paulinho, Dionisi e Genevier, ma anche perché precede il momento “storico” delle gare con il Padova e il Pescara e capiremo con i toscani se il nostro campionato è iniziato. Il Livorno come tutte le altre squadre che abbiamo affrontato finora, tranne forse il Cittadella che è venuto a forzare un po’, chiuderà tutti gli spazi pronto a ripartire in contropiede. Noi non dovremo guardare il nostro avversario e adeguarci, ma giocare come sappiano”.
“A parte gli infortunati Guberti, Surraco, Suciu, Darmian e Chiosa e Morello e Pagano che hanno la febbre e che non sono stati convocati, gli altri stanno bene, ad eccezione di Sgrigna, D’Ambrosio ed Ebagua che però vengono in ritiro. La formazione non la so ancora, sia perché bisogna valutare quanto potrà dare chi non è al meglio della condizione sia perché non so con quale modulo giocherà Novellino. Contro di noi solo Ascoli, Sampdoria e Juve Stabia non hanno cambiato il loro modo di schierarsi in campo e di giocare; se da una parte il sapere che le altre squadre si modificano quando ci incontrano è motivo di gratificazione per noi dall’altra non sapere come scenderanno in campo rende più complesso preparare la partita. Novellino è un amico, una persona vera, un allenatore che ha avuto momenti di assoluto splendore e poi un breve periodo di flessione ed ora sta tornando al massimo e sono contento di incontrarlo. Se Verdi e Oduamadi giocheranno non è perché ci sono degli infortunati, ma perché il primo è affidabile e il secondo sta bene tecnicamente, però voglio farli giocare quando in campo non c’è il rischio di penalizzarli. Stevanovic è migliorato e se continua ad imparare e se andremo in A costerà un sacco di soldi ”.
“Se qualcuno pensa che io sia un allenatore fortunato allora lo invito a riflettere su quello che mi è capitato negli ultimi anni: a Pisa da neopromossi in B abbiamo dominato il campionato per otto mesi, poi cinque giocatori si sono infortunati e così siamo andati ai playoff e non li abbiamo vinti; a Bari, dopo un primo anno alla grande, la stagione successiva siamo partiti in ritiro con quindici giocatori e nonostante l’organico differente dalla stagione precedente abbiamo iniziato bene il campionato, poi mezza squadra si è infortunata ed è andata come tutti sapete; quest’anno prima l’infortunio a Guberti, considerato da tutti un elemento chiave del modulo di gioco, e poi anche altri giocatori sono finiti in infermeria. Tutti si lamentano per gli infortuni e a Torino nessuno ha detto nulla. Proviamo a togliere, ad esempio, al Pescara Insigne e Immobile e poi vediamo. Con il Crotone dopo cinque minuti D’Ambrosio si è fatto male e nella ripresa Di Cesare ha fatto il terzino, così siamo riusciti a mascherare il problema e per questo io sono contento vista la consapevolezza e la convinzione dei miei giocatori. Non so se avrò a disposizione i giocatori acciaccati, vedremo e nel caso faremo di necessità virtù”.
“Le ultime tre gare sono finite con tre pareggi, ma sono stati tre pari differenti. Con il Sassuolo sia loro sia noi si giocava per non perdere e in questi casi è inevitabile che si finisca per pareggiare. Con il Bari, se certe decisioni arbitrali fossero state differenti, avremmo potuto anche vincere e nessuno poteva gridare allo scandalo. Con il Crotone mi ha soddisfatto tre quarti della partita perché abbiamo fatto gioco e Ogbonna e Glik stazionavano quasi sulla linea di centrocampo, mi spiace però che in qualche occasione non si è concretizzato abbastanza e alcune giocate non sono state concluse con il tiro in porta. Nei primi quindici minuti della partita ho contato, e l’ho fatto notare ai giocatori quando abbiamo rivisto la gara per analizzarla, sei uno contro uno nell’area avversaria, però se poi non si va al tiro in porta è chiaro che non sono soddisfatto”.
“Qui a Torino basta un pareggio per dire che si sta minando tutto il lavoro positivo fatto nei mesi precedenti. Per questo ripeto che ci vuole maggior equilibrio. Il problema di fondo non è far tornare la voglia di tirare fuori le bandiere del Toro dai cassetti e questa voglia tornerà, ma è debellare la paura di far rimettere le bandiere in fondo al cassetto appena c’è un’idea di imperfezione. L’ansia e la pressione non fanno vincere niente. Le squadre che vincono il campionato di serie B mediamente perdono tra le sette e le dieci partite. Finora abbiamo seminato, ma ci vuole pazienza e continuare ad innaffiare il seme prima di vedere l’albero. Stiamo lavorando il 50 per cento per incamerare punti per raggiungere l’obiettivo e per l’altro 50 per cento per essere competitivi per il futuro. Ho già lavorato in ambienti depressi, ma in tutti c’era la voglia di emergere, anche qui c’è, però è contrastata dal fatalismo che tanto prima o poi succede qualche cosa di negativo. Non ha senso voler a tutti i costi ammazzare il campionato e poi ritrovarsi alla fine della stagione non in vetta alla classifica, proviamo invece ad impostare una stagione equilibrata e cerchiamo di andare in A direttamente senza passare dai playoff”.
“Negli ultimi sette-otto anni gli attaccanti che ho avuto hanno fatto sempre parecchi gol, però qui si è dovuti praticamente partire dal “nulla” di conseguenza bisognava iniziare a costruire qualche cosa e per farlo è inevitabile che si inizi dalle fondamenta, infatti quella del Torino è la difesa più solida del campionato. Questo gruppo di giocatori in A può fare bene, ma deve lavorare senza l’assillo di essere additati al primo errore, c’è il rischio che questi giocatori si deprimano o si esaltino con la stessa facilità. Per questo predico sempre che ci vuole consapevolezza nel modo di lavorare, ci vuole conoscenza e voglia di voler arrivare. Negli ultimi venti metri il Torino non ha nulla da correggere, bisogna solo che i giocatori trovino sempre la soluzione migliore per andare al tiro in porta, è inutile tentare il tiro dalla distanza e spedire la palla in curva. Che il Toro diventi più furbo, scaltro e cinico nelle conclusioni sarebbe bello e per diventarlo ci vuole un pizzico in più di comprensione dei concetti di spazio e tempo. In serie A il 40 per cento dei calciatori ha per natura i concetti di spazio e tempo e un altro 40 per cento lo ha incamerato: ecco perché ripeto sempre che bisogna lavorare per diventare”.