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Ore 17, a lezione di Toro

di Marina Beccuti

C'è sempre entusiasmo presso i campi del Nizza Millefonti, giù al fondo di C. Unione Sovietica, dove la città sembra più lontana mentre affiorano i campi della periferia. Lì si allenano i giovani torelli, chiamiamoli così, per quella generazione di bambini e ragazzini che sognano un futuro da calciatore, spinti anche dai genitori che fanno parecchi sacrifici per portarli avanti ed indietro all'allenamento, seguiti da giovani allenatori che lo fanno più per passione che per mestiere, com ad esempio Fabio Ulderici, che arriva da Alessandria per seguire i suoi giovani "allievi", dai quali spera di trovare il talento del domani. C'è una squadra che esce dagli spogliatoi e sembra di essere in Svezia, perchè sono quasi tutti biondi e le maglie granata (nuove) che indossano spiccano ancora di più. Ci sono altri bimbi che attendono di fare un provino per essere selezionati. Il guaio è che manca un "pensionato" come ai tempi di Pianelli, perchè questo permetterebbe di ingaggiare talenti lontani che a volte la Juve soffia al Toro.

Di osservatori non ce ne sono molti, ma quelli che lavorano lo fanno duramente per scovare il talento del domani. Il calcio, se vuole uscire dalla crisi ed essere più autentico, deve proprio tenere alto il valore del suo settore giovanile, che è una risorsa e non un peso, perchè alla fine quello che investi ti può tornare a casa con giocatori pronti per la prima squadra oppure da vendere. Proprio come faceva il Toro di Pianelli e Bonetto e ha fatto anche Cimminelli (grazie soprattutto all'apporto di gente preparata come Zaccarelli), se consideriamo quanti giocatori granata pre fallimento giocano a buoni livelli, tra cui lo stesso Ogbonna. Da Cairo non si può pretendere la luna, perchè non è facile ricostruire una squadra dal nulla e ci vuole del tempo anche per rinsaldare le radici di quello che fu uno dei settori giovanili più importanti del calcio nazionale. Uno dei dirigenti che ha accolto TorinoGranata, in missione presso i giovani torelli, ci ha raccontato di aver toccato in prima persona quanto il Toro sia ancora amato ovunque. In estate sono andati a fare un torneo in Svizzera e sono stati trattati da star, proprio in onore del nome storico della squadra granata.

Su tutti e tutto vigila il "padre" di questa grande famiglia, Silvano Benedetti, che non svolge solo il ruolo di dirigente, ma fa di tutto, perchè siamo certi che per questi ragazzi ed il Toro si butterebbe in mezzo al fuoco. Un cuore nobile il suo, com'era generoso da giocatore lo è adesso, sempre nascosto e poco appariscente eppure c'è, è presente, è una certezza per tutti (e ci permettiamo di dire che meriterebbe molto di più...). Un giorno ci piacerebbe vedere Cairo in mezzo a questi giovani torelli, che potrebbero essere i suoi gioiellini futuri, oppure Rolandinho, che sogna uno stadio pieno di bambini e verrebbe accolto come un idolo. Ad un bambino un sogno non si nega mai, da grande se lo ricorderà sempre e sarà sicuramente un uomo migliore. E quando i fortunati che raggiungeranno il successo saliranno le scale di uno stadio importante, non potranno mai dimenticarsi da dove provengono, ovunque essi saranno.


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