Il Torino patisce le pressioni perché è un squadra giovane? Non è del tutto così
Fonte: Elena Rossin
Per spiegare e anche in parte giustificare approcci alle partite non consoni oppure prestazioni altalenanti del Torino si ricorre spesso, lo ha fatto anche mister Mazzarri, a dire che la squadra è giovane e di conseguenza ha bisogno di tempo per amalgamarsi e adattarsi bene e che patisce la pressione, soprattutto, se giocando in casa i tifosi rumoreggiano per passaggi sbagliati o prestazioni non proprio brillanti. Spiegazione che ha una sua logica, anche se si potrebbe dire che se un giocatore pur giovane è arrivato in serie A ed è un professionista dovrebbe avere tutte le carte in regola per sopportare anche la pressione che può derivare dall’ambiente, altrimenti lo si è sopravvalutato e, forse, avrebbe bisogno ancora di maturare esperienza in categorie sottostanti. Anche perché più di un giocatore giovane che viene colto da “ansia da prestazione” è magari anche già padre di famiglia, quindi, dovrebbe essere in grado di sopportare le responsabilità. Fatta questa considerazione e analizzando le prime otto partite di questo campionato se si va a vedere l’età del giocatori granata che sono scesi in campo non si riscontra una squadra formata proprio solo da ragazzini, anzi.
Con il Frosinone l’età media dei granata, prendendo in considerazione titolari e subentranti, era di 25,57. Con il Chievo 26,21. Con l’Atalanta 25,64. Con il Napoli 25,5. Con l’Udinese 26,30. Con la Spal 26,57. Con l’Inter 26,75. Con la Roma 26,85. Ne consegue che il Torino finora non è mai sceso in campo in campionato con una squadra che avesse in media meno di 25,5 anni e va anche aggiunto con mai meno di tre giocatori che avessero già festeggiato il trentesimo compleanno e anche mai meno di cinque che fossero sotto i venticinque anni, che sommati ai precedenti fanno otto. A parte Ferigra e Damascan che hanno 19 anni non c’è nessun altro che ne abbia meno di 21, Aina, Bremer, Lyanco ed Edera.
Una squadra che gioca con almeno otto giocatori che hanno dai venticinque anni in su non può essere considerata tanto inesperta. Non si può neppure dire che i componenti della rosa del Torino arrivino da campionati sconosciuti o quasi, forse solo Damascan che prima di approdare in granata aveva sempre e solo giocato in Moldavia. Infatti, a parte gli italiani Ichazo arriva dall’Uruguay; Lyanco e Bremer dal Brasile; Lukic dalla Serbia; Falque, Berenguer e Ferigra dalla Spagna; Ansaldi dall’Argentina; Meïté, Djidji e K’Koulou dalla Francia; Ola Aina dall’Inghilterra; Rincon dal Venezuela. Tutte nazioni dove il calcio è uno sport importante anche nei settori giovanili e persino chi come N’Koulou ha mosso i primi passi nel paese d’origine, il Camerun, ha poi giocato dal 2007 in Francia. Nessuno nega che Bremer, Meïté, Djidji e Ola Aina siano alla prima esperienza nel campionato italiano, ma almeno Meïté e Ola Aina non sembrano aver accusato problemi di adattamento al nostro calcio. Non per nulla Mazzarri li sta facendo giocare, magari anche un po’ per necessità come nel caso di Aina stante gli infortuni di De Silvestri e Ansaldi, ma il calciatore cresciuto calcisticamente in Inghilterra non ha commesso gravi errori a ripetizione che consiglino di evitare di mandarlo in campo.
Per fare il tanto invocato salto di qualità tutti devono assumersi le proprie responsabilità e non devono essere creati alibi nei quali qualcuno possa crogiolarsi e dare meno di ciò che potenzialmente può. Il Torino ha bisogno di giocatori all’altezza e se qualcuno non si rivelasse tale allora, forse, chi ha deciso di prenderlo ha commesso, in buona fede per carità, un errore di valutazione. Il mercato di gennaio, cosiddetto di riparazione, serve anche a questo e, soprattutto, di stagione in stagione si deve fare tesoro delle esperienze passate e non inciampare di nuovo in situazioni che si sono già rivelate non in linea con gli obiettivi. Maglio mettere in chiaro subito le cose adesso che il Torino è al sesto posto piuttosto che poi “piangere” prima dell’inizio della primavera perché si è costretti a ridimensionare le aspettative e a dire che si riproverà il prossimo anno ad andare in Europa League o che nessuno aveva detto che era un obiettivo.