ESCLUSIVA TG – Cereser: “Al Torino mancano carattere e personalità, serve aiuto reciproco e non cercare colpevoli”

19.12.2020 14:00 di  Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin
Angelo Cereser
TUTTOmercatoWEB.com
Angelo Cereser

Angelo Cereser è stato intervistato in esclusiva per TorinoGranata.it. Cereser è un ex calciatore che militò nel Torino dal 1962 al 1975 e poi nel Bologna dal ‘75 al ‘79, attualmente ha un’agenzia immobiliare ed è membro del Consiglio d’Amministrazione della Fondazione Filadelfia. Con lui abbiamo parlato della partita di oggi all’ora di pranzo fra le sue ex squadre.

Torino –Bologna è una partita delicata per entrambe le squadre, ma decisamente di più per i granata.

“Esatto, non è un bel vedere per nessuna delle due. Il Torino sta peggio perché le aspettative erano ben altre e quindi se il Bologna qualche problema ce l’ha di sicuro, malgrado abbia un bravo allenatore come Mihajlovic che sta subendo la stessa situazione che aveva vissuto quando era al Torino, guarda caso. Anche lui lamenta mancanza di giocatori e mancanza di carattere, che pare siano un problema dei nostri tempi. La mancanza di carattere in troppi casi si manifesta con la mancanza di personalità. C’è poco da fare, serve che i giocatori siano più uomini e che mettano carattere in campo, soprattutto quelli del Toro. Il Toro può vincere o perdere, giocare bene e o male, ma se dà tutto la gente perdona tantissime cose però non perdona se non ha visto il massimo impegno, mentre a Bologna sono più buoni nel senso che lasciano sbagliare per molto tempo anche se in campo i giocatori non hanno dato proprio tutto”.

A distanza di due giorni dalla gara con la Roma questo Torino è in grado di disputare una partita con il Bologna che gli permetta di incamerare punti?

“Mi piacerebbe passare due giorni nello spogliatoio per dare una risposta precisa, però, vista la reazione che ha avuto il Torino dopo aver subito il  tre a zero dalla Roma e contrariamente a quello che si può pensare può essere di buono auspicio, se chi va in campo dimostra di essere più uomo che giocatore. E allora avrebbe un senso, ma non so dire perché non frequento lo spogliatoio. Comunque la reazione che ha avuto la squadra in dieci è stata positiva e se questa positività è data da una carica che ogni giocatore ha dentro e che vuole trasferire in campo va bene, invece, se è utilizzata per giustificare la situazione e si accontentano per giustificare un insuccesso allora va molto male. Solo Giampaolo può saperlo”.

I tanti cambi con relative esclusioni che Giampaolo ha fatto in occasione della gara con la Roma può essere servito per dare una scossa?

“Se si vice sì, altrimenti no. Ma lo si sa solo dopo. Giampaolo qualche cosa doveva cambiare e, anzi, dirò di più: lui ormai è da un po’ di tempo qui e qualcuna di queste mosse avrebbe dovuto farla prima. Doveva già capire e vedere prima che Tizio o Caio non erano diciamo sulla giusta lunghezza d’onda. Anche perché alla fine a pagare è sempre l’allenatore. Conoscendo i suoi giocatori se alcuni cambi li avesse fatti un po’ prima avrebbe avuto le idee più chiare. Gli auguro che questi cambi siano sufficienti perché farli una volta o due vanno bene, ma i risultati si ottengono soprattutto con al costanza di rendimento dei giocatori. Nella squadra ci devono essere due-tre uomini che fanno da perno e che nei momenti in cui le cose vanno male aiutano anche gli altri a tirarsi fuori dai problemi, dal fango della domenica anche gli altri che sono più in crisi. Devono sentire il peso dell’allenatore e della società su di loro e avere quel qualche cosa in più per venirne fuori. Anni fa quando servivano i risultati c’era la spina dorsale della squadra ch interveniva in queste situazioni, quei tre-quattro giocatori che se anche giocavano male ed erano in difficoltà nei momenti critici avevano la forza di giocare e di portare aiuto anche ai compagni. Comportava una fatica boia, però il calcio e i grandi risultati sono fatti anche di questo”.

A prescindere da quello che succederà con il Bologna e con il Napoli, a gennaio la società in sede di mercato dovrà rivoluzionare la squadra?

“Mah, non so. Le rivoluzioni sono pericolose perché possono anche portare cose peggiori delle attuali. A fine gennaio saremo a metà campionato e non ci sarà più tempo per sbagliare. Se anche si prendono dei giocatori che migliorino l’attuale gruppo o l’allenatore li conosce come se fossero suoi fratelli oppure quanto tempo occorrerebbe per integrarli? C’è poco tempo a disposizione e se non si fanno risultati in tre-quattro partite che cosa succede? C’è poco da fare. Non è una bella situazione. Servono un paio di risultati positivi che diano forza e coraggio a tutti quelli che sono in crisi. Edera con la Roma quando ha colpito la traversa ha fatto una cosa che non si vedeva da dieci domeniche, questi colpi li si aspettava da Verdi che era stato comprato come un campioncino e non lo si è ancora visto. Questo vuole dire che il Torino deve cercare gli uomini più che i grandi giocatori. Si è visto che i grandi giocatori, a parte qualche eccezione, anche nelle altre squadre, Milan, Inter, Napoli, faticano. Non credo che la salvezza del Torino sia fare la rivoluzione perché le si fa prima che inizi il campionato e non a metà quando è il momento di fare degli aggiustamenti. Al Torino sono andati in crisi Nkoulou e Sirigu, ma se vanno in crisi loro come si fa? Non so se è un problema di spogliatoio e  i giocatori non si parlano tra di loro e non si aiutano o che sia una questione di timidezza. Secondo me la decisione di portare in ritiro la squadra è stata giusta. Anni fa, credo fosse la stagione 1967-68 o quella 1972-73 fu cambiato l’allenatore e venne Fabbri, che c’era già stato prima, eravamo terz’ultimi o quart’ultimi e c’era un po’ di maretta nello spogliatoio, la squadra era buona avevamo già vinto la Coppa Italia ma non era ancora quella che vinse lo scudetto, però c’erano un po’ di problemi al nostro interno, ma non si sapeva bene il perché visto che eravamo tutti bravi ragazzi e amici, ma c’erano piccole cosettine che non andavano giù, Fabbri si accorse di questo ne parlo, mi pare con Ferrini che gli disse che nello spogliatoio sembrava che si andasse d’accordo, ma in effetti non era del tutto così e allora Fabbri a Capodanno ci portò via dodici giorni in Sicilia a Taormina-Bagheria. L’intento non era quello di punirci, ma di stare distanti dai problemi, dai tifosi e da tutti e di fare gli allenamenti con il bel tempo per recuperare chi aveva subito degli infortuni ed evitare che durante le feste si potesse eccedere un pochino. Siamo stati bene lontano da tutto e tutti, Fabbri con la sua famiglia aveva fatto Capodanno con noi  e quando siamo tornati a Torino eravamo altre persone, più allegri. Ci è servito a conoscere noi stessi e a fare pace con noi stessi e alla fine del campionato non ricordo se siamo arrivati quarti o più o meno intorno a quella posizione. A volte i ritiri non servono per punire, ma per ritrovarsi però funzionano se si è distante da casa. C’è bisogno che la testa sia libera perché a calcio giocano bene non quelli che sono sempre arrabbiati neri, ma chi gioca arrabbiato perché per carattere vuole vincere, ma soprattutto chi si diverte e gioca con serenità. Così si può anche sbagliare, ma si ha la forza di aiutare il compagno e in questo modo tutti aiutano tutti. Non so se valgono ancora queste cose, ma se ciò accadesse i problemi diminuirebbero”.

Tenuto conto dell’enorme numero di gol che ha subito il Torino, 30 in 12 partite, Sirigu va tenuto ancora in panchina oppure no visto che tre reti le ha subite anche Milinkovic-Savic mantenendo praticamente la stessa media seppur abbia giocato una sola volta?

“A Sirigu si stanno dando colpe che non è giusto dargli perché io fossi al suo posto mi sentirei un po’ a disagio nel Torino poiché la difesa commette tanti errori e quando si prende gol non è sempre causa del portiere, ma neppure dello stopper o del terzino. Quando il centrocampo perde colpi il primo a pagare è il portiere. Bisogna andare a cercare dove sono i punti deboli e non parlare di Tizio o Caio perché serve solo a mettere zizzania. La colpa non è di nessuno, quando si cerca di aiutare un compagno lo si fa anche a costo di sbagliare in proprio. Queste cose si cancellano da sole e non serve dare la colpa a nessuno perché è controproducente”.