Mazzarri: “Inizia a vedersi la mentalità che voglio: non mollare, non scomporsi, lottare fino all’ultimo e crederci sempre”

13.05.2018 21:32 di  Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin
Mazzarri: “Inizia a vedersi la mentalità che voglio: non mollare, non scomporsi, lottare fino all’ultimo e crederci sempre”
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L’allenatore del Torino, Walter Mazzarri, ha commentato in conferenza stampa la vittoria sulla Spal e ha chiarito alcune cose sul numero di giocatori che vuole il prossimo anno e in particolare sugli attaccanti e sul ruolo di Ljajic. Ecco che cosa ha detto:

Possiamo dire che questa partita è un po’ il riassunto della stagione: primo tempo insoddisfacente mentre nel secondo è emerso ciò che c’è di buono nel Torino e poi un finale concitato soprattutto da parte della Spal e alla fine per voi tre punti importantissimi diciamo per il morale?

“Io vedo in un altro modo la partita di oggi, non siamo partiti male e abbiamo fatto girare la palla, avevamo il controllo del gioco e abbiamo creato delle buone situazioni compreso il gran tiro di Falque che Gomis è stato bravo a parare. Non sarebbe stato facile per nessuno affrontare la Spal, non ci scordiamo che è una squadra che da dieci turni ha perso una sola volta con la Roma e ha messo in difficoltà tutti. Affrontarla in questo momento non era facile, dovevamo sbloccarla e sembrava una partita stregata, sbagliavamo l’ultimo passaggio e loro alla prima occasione quando abbiamo sbagliato hanno fatto un gran gol, però, al primo tiro e nell’angolino. E’ chiaro che il morale … i ragazzi hanno subito un leggero contraccolpo e poi per scardinare una difesa a cinque come quella della Spal bisognava fare delle cose che avevamo preparato bene in settimana ma che ancora non sono state acquisite dai ragazzi, infatti, Ljajic e Falque si giravano verso il centro e cercavano solo la verticalizzazione, mentre erano gli esterni che avrebbero dovuto attaccare la profondità in modo da non trovare vincoli. Per questo mi sono un po’ arrabbiato perché avevamo preparato la partita diversamente e, invece, si cercava solo questa soluzione che non pagava e si faceva solo il gioco degli avversari perché la palla finiva alla Spal che ripartiva e con i due attaccanti mobili facevano contropiede.
Nel secondo tempo abbiamo fatto molto meglio, Ljajic e Berenguer, che è stato molto bravo a proporsi nello spazio e con i tempi giusti, hanno trovato quei corridoi che avremmo dovuto cercare anche nel primo tempo ed è per questo che si è visto un calcio diverso e abbiamo fatto due gol nella stessa maniera e creato i presupposti anche per farne altri.
Un’altra cosa che vorrei sottolineare, che mi è piaciuta tanto, è stata che siamo andati in svantaggio e abbiamo continuato a giocare sena scollegarci e segnato, come era successo con il Napoli, una big e sul suo campo dove in pochi hanno fatto risultato. Con il Napoli nel secondo tempo abbiamo fatto due gol e anche oggi senza mollare un attimo e abbiamo continuato e, forse, migliorato il gioco ed è questo lo spirito che vorrei avere già all’inizio il prossimo anno. Questa è una mentalità che s’inizia a vedere: non si molla, non ci si scompone, il Toro lotta fino all’ultimo secondo della partita e ci crede sempre. Queste cose si sono viste in queste ultime due partite e lei ieri mi aveva detto che capitava che dopo una grande partita con una big la squadra non si ripeteva e oggi volevo proprio verificare se passando da una grandissima del campionato a un avversario di altro livello cosa si faceva. Nel girone di ritorno, se si dà uno sguardo in generale, si nota che chi ha le motivazioni della Spal vince come successo oggi, solo il Crotone ha pareggiato ed è per questo che vi dico sempre che nel girone di ritorno le partite vanno valutate in un altro modo. Mi ha fatto veramente piacere vedere il Toro così come si è comportato, da quando sono qui l’avevo visto a fasi alterne, ma è da due partite che prendiamo un cazzotto una volta da una big e l’altra da una squadra di mezza caratura e poi andiamo a vincere rimontando, anche a Napoli avevo avuto la sensazione che se la partita fosse durata altri quattro o cinque minuti forse saremmo riusciti anche a vincere. Questo è confortante per il lavoro che voglio fare e per il futuro e la squadra comincia a capirlo”.

L’ingresso di Berenguer ha cambiato la partita, concorda?

“Sì, come dite voi, ma ce lo diciamo anche noi con i cambi si segue una logica e oggi ho pensato che inserirlo per Ansaldi fosse giusto e il ragazzo ha risposto nel modo che mi aspettavo da lui. Il merito è di Brenguer che è entrato nel modo giusto e ha fatto si che ciò che avevo pensato si verificasse. E’ un ragazzo che ha mentalità e sprint, ma al di là di Berenguer mi è piaciuto Ljajic che per la prima volta non guardava solo Belotti o solo dall’altra parte o anche dove c’era un muro umano dove si deve far passare la palla quasi perfetta e non si è intestardito a farlo. Fra il primo e il secondo tempo Ljajic ha messo due-tre palle che avrebbe dovuto metterle anche prima, al di là che dall’altra parte non ho visto bene e, probabilmente la profondità l’attaccava con meno forza Ansaldi, invece, Berenguer l’ha fatto molto bene”.

Quale sarà il futuro di Belotti che a fine partita ha salutato in modo particolare e poi a Sky ha detto che sta bene al Torino, ma che dipenderà dal presidente Cairo.

“Se rimane siamo tutti contenti”.

Ma ci sono le condizioni per far restare Belotti?

“Secondo lei? E’ un bomber riconosciuto in Italia e in Europa, un ragazzo giovane che ha fatto gol, nonostante quest’anno abbia avuto due infortuni e, come si dice in Toscana, non sempre le ciambelle vengono con il buco, ma anche oggi ha segnato ed è andato in doppia cifra e ha fatto anche gol in Coppa Italia. Se il ragazzo sta volentieri, è motivato e non ha incidenti di percorso come gli infortuni ben venga ed è chiaro che sono contento. In generale mi piace sottolineare il fatto che io vorrei per il prossimo anno una squadra che abbia un’anima che si percepisse e si è intravisto in queste due ultime partite quello che intendo: che non molla, che si vinca, che lo spogliatoio sia veramente omogeneo, dove tutti sono contenti di stare. L’orgoglio di essere al Toro. E’ questo che voglio da tutti i giocatori e se anche Andrea sarà così ben venga che rimanga, anzi, lo spero. Qual è il problema? Così come tutti i migliori giocatori. Il prossimo anno metterò tutti in concorrenza e non voglio una rosa più numerosa di quello che servirà e che il settore giovanile sia in contatto continuo con noi e tre-quattro stiano in rosa e rinforzare i primi undici rispetto a quest’anno e tutti dovranno essere motivati e giocare per la squadra e nessuno per se stesso. Questo m’interessa”.

Si augura che quando partirete per il ritiro Belotti, Ljajic e gli altri grandi giocatori siano fuori dal mercato e non vengano in seguito ceduti?

“Questo è un discorso da farsi con la società. Di attaccanti veri ne voglio quattro e ne giocheranno due, lo devono sapere tutti. Adesso ce ne sono sette e tre non vengono valorizzati. Bisogna tenerne o prenderne quattro più forti possibile e tutti devono essere motivati. Nel calcio moderno sapete tutti il dispendio che devono fare, lo si è visto anche oggi, e se dall’inizio ne schiero due, nove su dieci, due cambi li dovrò fare proprio sugli attaccanti, quindi, voglio disponibilità totale da tutti e la maggiore qualità possibile che mi possa portare la società. Queste sono le indicazioni generali. Un numero superiore di attaccanti non crea surplus, non tanto di mercato, ma se un giocatore ha come potenziale cento e se viene ruotato, considerato e si sente importante può arrivare anche a cento dieci del proprio valore, però, se invece si hanno troppi giocatori tutti simili il potenziale cento rende settanta. In campo al Toro c’è una rendita del settanta per cento dei giocatori. Ripeto, un numero eccessivo e che non serve di giocatori non lo voglio perché voglio tutti sulla corda e che pensano che nella partita successiva possono giocare, tutti coinvolti”.

Ljajic rientra come ruolo nei quattro attaccanti o deve essere considerato un centrocampista?

“Ljajic lo si è visto oggi che è un attaccante. Fra il primo e il secondo tempo, come vi ho spiegato quando parlavo della fase attiva, mi sono incavolato perché sul metodista non si stava quasi mai e la Spal usciva perché il metodista non ci andava e rimanevano a metà strada. Si ricorda l’equilibrio di Napoli quando si giocò senza Belotti e Falque e c’era Niang. Oggi ci sono stati sue o tre momenti nei quali abbiamo sofferto il palleggio della Spal e mi sono arrabbiato perché i compiti tattici vanno rispettati altrimenti soffriamo con tutti. Poi quando il prossimo anno la squadra sarà padrona degli equilibri ogni tanto potrò fare una forzatura a partita in corso o in una partita speciale. Voglio dirvi che Ljajic anche per non snaturarlo e fare si che sia lucido per segnare va considerato negli equilibri della squadra un attaccante e poi ci sono le eccezioni, ma tutte le verifiche che ho fatto quest’anno le ho fatte per avere chiarezza su questo, Pensate alle partite con la Lazio, con il Napoli e a quella di oggi con la Spal. Con la Lazio avevamo tre attaccanti più Baselli che è un centrocampista offensivo è si è sofferto perché la squadra non era solida e in questi casi la squadra perde certezze e non riesce a fare nemmeno un gioco propositivo come piace a me quando attacca. Poi a partita in corso vedo che gli altri si stancano e si possono fare cambi, ma la basse deve essere una: se Ljajic gioca deve essere considerato un attaccante. Le punte possono essere disposte in verticale o in altro modo, però, nella fase passiva la squadra deve sentire la solidità e non deve gravare sulla difesa, a meno che in difesa non si abbiano dei campioni del mondo che difendono in quattro o in tre contro tutti, ma non mi sembra che ci possano essere tante squadre che possono supportare questo atteggiamento”.